Come si diceva nell’ultima parte di questa vicenda, la doppia firma farà risparmiare soldi pubblici.
Mi spiego meglio: il consigliere che durante il suo orario di lavoro partecipa alle riunioni permette all’azienda dove lavora di incassare dal Comune di Torino un rimborso.
Questo naturalmente in base all’effettiva permanenza alle riunioni, diventata verificabile solo con la doppia firma (o da qualche cittadino armato di telecamera).
Eppure pochi giorno dopo, un consigliere firma l’entrata e se ne va.
A parte il senso di onnipotenza e la mancanza di rispetto verso l’istituzione in cui è stato eletto, la reazione più allucinante è quella del Partito Democratico.
La nostra consigliera si avvicina al foglio firme, verifica lo spazio vuoto nella casella e impugna il telefonino per documentare, ma ad ostacolare la trasparenza, due consiglieri PD la bloccano.
Dicono che è necessario fare richiesta scritta.
Così facciamo seduta stante, ma il Direttore ci nega l’accesso immediato al documento.
Le regole le fanno sul momento e in questo momento stiamo toccando un tasto delicato.
Anche il Direttore, garante delle regole, fa da scudo alla gestione politica.
Ci risponde infatti che dobbiamo fornire delle motivazioni per accedere a questi atti pubblici.
Motivazioni?!?!?
Noi, invece, chiediamo a quale regolamento il Direttore faccia riferimento.
Tutt’un tratto le condizioni per accedere ai documenti vengono smussate: niente più motivazioni e ok all’uso della fotografia, purchè venga avvisato per ogni foglio firma.
Qualche tempo dopo subiamo la seconda aggressione, questa volta dentro la Circoscrizione3 davanti agli occhi di tutti i presenti.
Vi racconteremo presto come è andata.
Se vi siete persi gli altri capitoli: Premessa_Parte1_Parte2_Parte3_Parte4